Dalla rivista Funny Vegan troviamo un articolo molto interessante di Elisa Orlandotti che riguarda il mondo dei vegani, e lo intitola: i vegani non mangiano solo vegetali.
“ Sebbene il mondo vegetale ci fornisca gran parte del nostro cibo, non è esclusivamente quello al quale attingiamo noi vegani per imbandire la tavola. Ce n’è un altro, che erroneamente consideriamo parte di questo, ma che in realtà ha caratteristiche proprie, alquanto complesse e ancora parzialmente sconosciute: si tratta del regno dei miceti e dei funghi. A studiarlo si dedicano in modo esclusivo e con incredibile devozione associazioni, istituzioni, corsi di laurea e, intere biblioteche.”
Nel suo articolo ha intervistato Alfredo Vizzini, ricercatore e docente di Botanica Sistematica dei Sistemi, dell’Università degli Studi di Torino, chiedogli di circoscriverci questo sterminato campo limitandosi a raccontare solo di quello che finisce nei piatti. Le raccontò “che le specie più vendute, in quanto più apprezzate, variano a seconda delle tradizioni; in Italia sono, per i funghi selvatici, i quattro tipi di porcini, l’ovolo buono, i galletti o detti anche finferli e i chiodini. Tra quelli più coltivati invece abbiamo gli champignon e l’orecchione o gelone, ai quali si sono affiancati il pioppino, il fungo dell’olmo e una specie di origine asiatica, lo Shiitake.”
Al classico dilemma che sorge davanti al banco del mercato “ selvatico o coltivato?”, il prof. Vizzini, “ci sono delle piccole differenze che possono sussistere a causa del tipo di substrato che viene usato per la coltivazione: essendo infatti organismi in grado di accumulare inquinanti atmosferici e metalli pesanti, la loro produzione in ambienti controllati e riparati, quali serre e capannoni, è preferibile a quella all’aperto.”
coltivazione funghi in serra
“I valori nutrizionali sono eccellenti: pochissime chilocalorie, visto che sono composti in elevata percentuale di acqua ( 90% circa), trascurabile quantità di grassi e abbondanza di proteine. Vi troviamo poi potassio, selenio, magnesio, fosforo, fibre, vitamine del gruppo D, C e B compresa la B12. Ci dice inoltre di far molta attenzione quando mangiamo qualsiasi specie di fungo, e di consumarlo preferibilmente cotto ( con rare eccezioni), in quanto piccole e in modo non consecutivo, non in quanto contenga metaboliti tossici, ma perché alcuni suoi componenti legati alla parete cellulare, le chitine, e alcuni zuccheri come il trealosio, possono dar problemi di digestione.”
La giornalista ha citato, nel bolognese, la nostra azienda, affermando che L’ azienda agricola Funghi Valentina, “ di carattere familiare produce prataiolo biologico con metodi sostenibili: i capannoni sono dotati di filtri d’aria pre togliere contaminazioni, acqua irrigua da falde profonde e controllate, depuratori a fanghi biologici, pannelli fotovoltaici e impianti a metano.
azienda agricola
Ha creato inoltre, progetti didattici per diffondere la cultura legata a questo prezioso e troppo poco conosciuto alimento. La titolare Valentina Borghi, racconta che la produzione su scala annua è di circa 6-7000 quintali e solo una piccola parte finisce all’estero, in Germania, Brasile e Danimarca. Ogni prodotto è tracciabile grazie al progetto La storia dei nostri ortaggi, che racconta chi ha raccolto quel prataiolo, quando e dove. Ciò che ci tiene di più a spiegare riguarda come trattare l’alimento: esso va conservato in frigorifero a, 1 o 2 gradi, solo al momento del consumo va sciacquato velocemente sotto il getto d’acqua e non lasciato in ammollo per evitare di perdere nutrienti importanti. Se fresco, e lo si riconosce perché è sodo, bianco e chiuso, non va spellato. Un consiglio che ci fornisce è quello di mangiarlo crudo, ma se lo si vuole far cotto è preferibile passarlo velocemente in padella a fiamma altissima; in questo modo l’acqua di cottura viene riassorbita rapidamente in modo che il prodotto finale perda il meno possibile e rimanga fragrante.”
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